Genkai

Installation

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ENG Genkai (from the Japanese word for ‘limit’ or ‘border’) by Fabio Perletta generates from a series of compositions created in collaboration with the sound designer Haruo Okada (Pioneer) and published by the American LINE imprint, which “has made the exploration of the threshold of what is audible the centre of its aesthetic gravitation”. 

The installation presents itself as a dry garden with gravel, vacuum-sealed speakers, seaweed, rusty iron and a generative sound – produced in real time– with a specific software created by the author himself. This allows him to reconfigure the exhibition hall into a constant and mutant contemplative evolution in alignment with Zen philosophy principles.

The singularity of sound brings our attention back to the concept of impermanence, of movement and of the constant change of matter – in the oxidised object – and time – in accepting the transitory condition belonging to the Japanese wabi-sabi aesthetics.

Different symbolisms are present in Perletta’s work. He substitutes the silent and immutable stones, symbol of quiet and discretion in Japanese gardens, with airless loudspeakers, hereby limiting their functioning both in amplitude and frequency, thus encouraging greater concentration while listening.



ITA
 Il lavoro Genkai (dal giapponese ‘limite’ o ‘confine’) di Fabio Perletta proviene da una serie di composizioni realizzate in collaborazione con il sound designer Haruo Okada (Pioneer) e pubblicate per l’etichetta americana LINE, che “dell’esplorazione della soglia dell’udibile ha fatto il suo centro di gravitazione estetica”. 

L’installazione presenta un giardino secco con ghiaia, speakers sottovuoto, alghe, ferro arrugginito e audio generativo – prodotto in tempo reale – con software specifico creato dallo stesso autore, che permette di riconfigurare il luogo espositivo in una costante e mutante evoluzione contemplativa in linea con i princìpi della filosofia Zen.

La singolarità del suono riporta l’attenzione sul concetto di impermanenza, di moto e cambiamento costante della materia – nell’oggetto ossidato – e del tempo – nell’accettazione della condizione di ‘transitorietà’ appartenente all’estetica Wabi-sabi giapponese.

Diverse sono le simbologie nell’opera di Perletta che sostituisce alle pietre silenziose ed immutabili, simbolo di quiete e discrezione dei giardini nipponici, degli altoparlanti privati di aria, limitandone così il funzionamento in ampiezza e frequenza, per stimolare una maggiore concentrazione all’ascolto.

Text by Carla Capodimonti, Leandro Pisano


Details

4 vacuum-sealed speakers
laptop with generative sound algorithm
seaweeds
gravel
rusty iron

Dimension: 160 x 300 cm
Duration: variable

Exhibition History

Group Exhibition
Artists TU M’, Andrea Gabriele, Giustino Di Gregorio, Fabio Perletta, Marco Marzuoli, Vincenzo Core, Gaetano Cappella, Lorenzo Balloni.

A Constellation of Moments: Sound Aesthetics in Abruzzo from the 90s to present time
Museolaboratorio, Città Sant’Angelo (IT)
23 December 2016 — 12 February 2017

Curated by Carla Capodimonti, Leandro Pisano

Reviews

Museolaboratorio Ex Manifattura Tabacchi, Città Sant’Angelo – fino al 29 gennaio 2017. Estetica e suono si mescolano nella rassegna abruzzese. Accendendo i riflettori su una galleria di sperimentazioni. 

Esperienze sonore e pratiche estetiche, contesto rurale e realtà internazionali: questi gli ingredienti di una mostra di ricerca che non si ferma esclusivamente al prodotto finale, ma che si racconta nel suo farsi. Non a caso, un archivio di supporti video, audio e cartacei pone le basi per la costituzione di una raccolta a consultazione permanente all’interno del museo di Città Sant’Angelo.

“Pollinaria e Museolaboratorio sono i due fulcri attorno ai quali certe pratiche hanno gravitato, da sempre punti di incontro tra gli artisti stessi, come centri di una costellazione di rapporti e collaborazioni intessute negli anni”, afferma Carla Capodimonti, co-curatrice del progetto, facendo riferimento alle “costellation of moments” della Teoria estetica di Theodor W. Adorno.

SUONO, SILENZIO, RUMORE

Il vero protagonista è il suono, secondo le esperienze inaugurate da John Cage, Morton Feldman, Brian Eno, come emanazione di un elemento immateriale all’interno di uno spazio. Sono coinvolti artisti/musicisti abruzzesi appartenenti a diverse generazioni e attivi a partire dagli Anni Novanta. Tra i performer Vincenzo Core, che presenta a Pollinaria il risultato della sua residenza, Lorenzo Balloni e Gaetano Cappella.

Nella prima sala del Museolaboratorio trova spazio un lavoro site specific di Andrea Gabriele, una mattonella del pavimento incastonata e mimetizzata tra le altre, su cui sono incise delle coordinate geografiche. Parte della collezione permanente del museo dal 2012, Che ti amerà per sempre è un lavoro non finito (causa la prematura scomparsa dell’artista), il cui completamento prevedeva proprio un intervento sonoro. Il silenzio, come pagina bianca, si intensifica preparando lo spettatore agli ascolti successivi.
Segue il tavolo di lavoro di Giustino Di Gregorio, che negli Anni Novanta, corteggiato dal genio del rumorismo mondiale John Zorn e dalla sua etichetta Tzadik, pubblica un album dal titolo Sprut. Impiegando il DAT (Digital Audio Tape), sperimenta pioneristicamente il collage sonoro in modalità analogica.

Marco Marzuoli realizza un lavoro scultoreo in cui il nastro magnetico si trasforma in sostanza tangibile, forma, disegno, feticcio, creando una coreografia visiva alla stregua degli esperimenti su pellicola realizzati da Rosa Barba nei suoi re-enactment cinematografici.
Fabio Perletta il suono lo produce, lo comprime, lo interroga costringendo lo spettatore a porsi in ascolto, a spostarsi nello spazio, cercando di catturare frequenze inudibili incastrate in centinaia di combinazioni che si autogenerano. Nella cornice di un giardino Zen, gli speaker diventano fiori che diffondono suoni ovattati, imprigionati, letteralmente sottovuoto.

Chiude la mostra il duo Tu M’ (Rossano Polidoro ed Emiliano Romanelli) che in Monochrome # 09+V06 dà vita a una dimensione contemplativa in cui la sagoma del Gran Sasso affiora maestosa e potente, in simbiosi con l’accompagnamento musicale.

“Negli ultimi anni”, afferma il co-curatore Leandro Pisano, “la sound art sta guadagnando sempre di più interesse da parte dei critici, dei curatori e del sistema dell’arte contemporanea. Si tratta di un fenomeno nuovo e interessante perché riconfigura il suono, elemento tradizionalmente accessorio rispetto alla sfera visuale, come linguaggio dotato di una propria forte autonomia”.

Marta Silvi for Artribune




I progetti d’arte legati ad un determinato territorio rurale presentano caratteristiche ben precise, troppo spesso sottovalutate. Se ormai può sembrare una consuetudine quella di sviluppare progetti artistici in luoghi non convenzionali, al di fuori di musei e gallerie, ma anche in contesti lontani dalle grandi città e dai suoi circuiti dell’arte, ancora oggi nel nostro paese – perché oltre confine è un’attività che ha trovato i suoi canali di sviluppo e sostenibilità, tanto da aver perduto la sua natura sperimentale – sono molte le difficoltà che impediscono una buona risposta di pubblico e collaborazione nell’ambiente rurale coinvolto.

Questa è infatti una delle risorse principali per la realizzazione di un progetto artistico territoriale: la collaborazione e il coinvolgimento diretto degli abitanti del luogo d’azione, la loro partecipazione al lavoro condotto e realizzato dagli artisti.

Il Museolaboratorio di Città Sant’Angelo (Pescara), accogliendo progetti di questa natura, esprime al meglio il suo potenziale e la sua mission, tale è la sua struttura così strettamente inserita nel disegno urbano – ex Manifattura Tabacchi recuperata nel cuore di un piccolo borgo abruzzese, stretto tra le cime appenniniche e il lungomare adriatico- e la sua storia intrecciata alle storie locali. Questa realtà ha intrapreso da quasi vent’anni la sua missione – usando le parole del suo direttore Enzo De Leonibus – di “laboratorio di sperimentazione e di ricerca, utile a tutte le possibili espressioni dell’arte visiva contemporanea”, per essere “luogo di incontro e di lavoro per gli artisti, prima che un luogo espositivo e continuando ad una sorta di terra di nessuno necessaria per modulare e realizzare progetti ed ossessioni”.

Tra queste mura bianche e ancora grezze, attraversando volte e archi di sala in sala, è possibile immergersi, in questo primo mese dell’anno, nelle sonorità di un’esposizione che non è solo una mostra, ma il primo atto di un progetto che porta in scena le ricerche condotte, secondo percorsi affini ma diversi, dai curatori Carla Capodimonti e Leandro Pisano.

A Costellation of Moments presenta una selezione di artisti legati, per origine o scelta, a questo angolo abruzzese – Città Sant’Angelo è uno dei fulcri di un circuito che comprende anche Roseto, Pescara, Teramo – che, in diversi momenti storici, hanno intrapreso ricerche nell’ambito di quella sfera creativa che è la sound art. Questi lavori portano testimonianza di quei movimenti che, sviluppatesi in spazi ristretti, ai limiti delle traiettorie più conosciute e abitualmente percorse dall’arte, hanno saputo crescere in maniera più semplice e naturale fino a raggiungere ambiti anche internazionali.

Lavorare sullo scarto che si crea tra grande città e piccolo centro è sicuramente il primo dei punti d’interesse alla base di questo progetto; secondo e fondamentale aspetto è di avere evidenziato un linguaggio specifico, un elemento comune di ricerca per questi artisti.

La sound art, come un grande contenitore, può comprendere sperimentazione e ricerche espressive di vario genere, provenienti da ambiti spesso differenti, ma riunite da un comune interesse per il suono.

Specifica la curatrice Carla Capodimonti: “Gli artisti in mostra si riallacciano alle esperienze musicali, sonore e artistiche condotte da John Cage o da Morton Feldman, a quelle del minimalismo sonore degli anni ’60, arrivando a Brian Eno e alle sue sperimentazioni già dagli anni ’70, fino ai più recenti linguaggi degli anni 2000”. Ricostruisco con lei alcuni passaggi del progetto.

È possibile rintracciare le origini di un interesse per tale linguaggio da parte di un gruppo di artisti appartenenti a un unico territorio? Esistono precise caratteristiche di questo ambiente che possono aver influenzato tali percorsi?

“I nostri studi hanno evidenziato in questo definito territorio l’interesse comune ad alcuni artisti a lavorare con il suono. Il suono qui va inteso in quanto entità immateriale in grado di creare un corpo nello spazio nel quale si propaga. Nel corso degli anni ‘90 si sono sviluppate ricerche artistiche che, dopo di loro, hanno lasciato una sorta di scia. Noi abbiamo fatto una selezione di questi artisti, evidenziando le espressioni più diverse, seppur sempre con un background affine. Sono venute fuori tre-quattro generazioni, ognuna con caratteristiche espressive differenti. Sicuramente è stato un importante punto di riferimento, almeno negli ultimi dieci anni, trovare in uno stesso territorio realtà come il Museolaboratorio e Pollinaria, un luogo quest’ultimo a metà tra azienda agricola e azienda di ricerca che da anni ospita residenze di artisti e si concentra sulle indagini condotte sul suono”.

Quali legami avete evidenziato tra gli artisti appartenenti alle diverse generazioni?

“Nel passaggio tra una generazione e l’altra si riscontrano caratteristiche e approcci diversi con il pubblico. Guardiamo le prime due opere in mostra. In un’opera come quella di Andrea Gabriele (Che ti amerà per sempre, 2012) il suono –in questa occasione assente- mantiene un potere emozionale, sostituendosi alla testimonianza scritta e di natura formale. L’artista è uno dei primi interessati a questa materia; scomparso prematuramente un anno fa nel pieno della sua produzione, in pochissimo tempo ha lasciato in tutto questo territorio una forte traccia, giungendo a confrontarsi anche con nomi internazionali.

Il lavoro di Giustino De Gregorio (Progetto numero 4, 2000), dagli anni ‘90, appare già differente. Il suono qui è interpretato in modo più vicino alla materia fisica, decostruendo come in un decollage figurativo, parti di registrazioni per poi affiancarle in un’inedita successione e creando una composizione sonora (dal titolo Sprut) apparentemente senza senso. Il prodotto, realizzato con tecnologie non all’avanguardia, adottando un registratore DAT – che qui in mostra permette di ascoltare la composizione per la prima volta – rende l’operazione più complessa e dilatata nei suoi tempi esecutivi e di recezione.”

Gli spazi del Museolaboratorio sembrano fatti apposta per accogliere gli interventi sonori, più o meno installativi, che avete selezionato. Come si raccontano le ricerche sonore in ambienti come questi?

“Per rendere accessibile e attraversabile la mostra ad un pubblico il più vario e ampio possibile, abbiamo cercato di non sovraccaricare lo spazio, adottando un allestimento semplice e lineare, con percorsi liberi per i visitatori. Le opere preservano libertà nella loro fruizione e si inseriscono nell’ambiente nel modo più naturale possibile, anche quelle che mostrano una dimensione più installativa come le opere di Marco Marzuoli e Fabio Perletta: il primo con un intervento che decontestualizza lo strumento sonoro (nastri di cassette vhs) proponendolo come elemento quasi feticcio; il secondo, creando in un’installazione che richiama i giardini zen, focalizza la ricerca su quelle frequenze minime del suono che a noi sono meno accessibili. Infine nell’opera del duo artistico –ormai sciolto- TU M’ (Monochrome#09+V06,2009), troviamo un rapporto molto stretto tra suono e immagini: queste –quasi sempre riferimenti a paesaggi abruzzesi- accompagnano l’evolversi sonora delle minime frequenze, mai rendendosi indipendenti dal suono, mantenendosi uniforme al suono, trasportando l’osservatore/uditore in uno stato di contemplazione.

La mostra è stata completata anche da un talk con alcune figure chiave della scena abruzzese (tra cui Enzo De Leonibus; Gaetano Carboni, direttore di Pollinaria; Luigi Pagliarini, artista multimediale; oltra ai già citati curatori) ha proposto una serie di performance molto coinvolgenti degli artisti della generazione più giovane (Gaetano Cappella e Lorenzo Balloni) durante la due sere di apertura e una realizzata dall’artista Vincenzo Core negli ambienti di Pollinaria –dove di recente ha concluso una residenza.”

Il progetto però non si conclude qui…

“No, infatti. All’interno delle sale del Museolaboratorio è stato inaugurato un archivio open source, dove si raccoglieranno le testimonianze di questo movimento artistico. Qui sarà possibile consultare o partecipare alla raccolta di documenti in forma cartacea e digitale (articoli, recensioni, immagini, cataloghi, registrazioni) che porteranno nuovi spunti d’indagine e di lettura a tale ricerca”.

Questi sono solo alcuni passaggi di un progetto artistico ampio e ancora in corso che vedrà aggiornarsi e arricchirsi di nuovi momenti, che come ricorda il maestro Adorno, compongono come una costellazione in continuo mutamento il concetto dell’arte.

Francesca Dori Campli for Art a Part of Culture

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